Sul finire degli Anni ’70, Umberto Sala, titolare della Birel, fa debuttare un nuovo telaio denominato Drag. Il suo particolare disegno triangolare e la soluzione usata per gestire la frenata lo rendono un kart molto diverso da quanto visto fino a quel momento (e anche successivamente). Oggi è uno dei kart storici più ricercati dagli appassionati
Presentato nel 1968, il Birel Drag è caratterizzato da una struttura a pianta triangolare: due tubi partono dall’asse posteriore e convergono verso l’anteriore fino a congiungersi. Qui, nel punto più estremo del telaio, si trova l’attacco del piantone dello sterzo, a sua volta formato da due tubi a sostegno dell’uniball. Un ulteriore tubo, sempre di diametro minore, posizionato sopra l’uniball serve a fissare la tabella portanumero di forma ovale, obbligatoria all’epoca per visualizzare il numero di gara.
Le misure principali della scocca sono: 1010 mm di passo, 800 mm di carreggiata posteriore e 740 mm per quella anteriore.
I due longheroni principali hanno diametro 30 mm. Su ciascuno di essi sono fissati due tubi più corti che vanno alle C del telaio: uno sempre di 30 mm di diametro, l’altro di diametro inferiore, utilizzato per aumentare la rigidità. Questo disegno molto particolare crea una sota di sospensione meccanica all’anteriore e distingue il Birel Drag da tutti i telai dell’epoca come da quelli di oggi. Al posteriore l’assale di diametro 25 mm non è fissato tramite gusci portacuscinetti come nei kart moderni, ma passa direttamente all’interno del telaio e ruota su dei cuscinetti. Sempre al posteriore, si nota l’assenza di un paraurti: è il telaio stesso che termina con una barra dritta. La marmitta, elemento più sporgente, è protetta da un tubo secondario, saldato proprio con l’obbiettivo di evitare la rottura dello scarico in caso di tamponamento.
Nel Birel Drag presentato in questo articolo, l’impianto freno è presente solo al posteriore: il kart, infatti, è in configurazione monomarcia 100 cc. Nei kart 125 cc con cambio di marcia i freni erano presenti anche all’anteriore, come oggi. Il freno è meccanico: dal pedale parte il cavo d’acciaio che si unisce direttamente alla pinza freno, che viene azionata, dunque, dall’azione diretta del pilota. La pinza è formata da due semigusci ed è fissata tramite un supporto del telaio in posizione verticale. Il disco freno non è né ventilato né flottante. Non essendo idraulico, l’impianto freno non ha il recupero dei giochi: l’eventuale consumo delle pastiglie poteva essere compensato inserendo degli spessori da tra la pastiglia e la sua sede sulla pinza.