Particolare piccolo, ma fondamentale: è la candela a far scattare quella la scintilla che “dà la vita” al motore
I motori due tempi da competizione sono estremamente evoluti, perché devono offrire prestazioni elevatissime. Ma, in realtà, i componenti che gli permettono di funzionare sono pochi. Tra questi, la candela è quella che mette in moto il motore, dandogli la scarica di energia tramite una scintilla, dalla quale parte la combustione nell’omonima camera della testa del cilindro. Il numero elevato di giri motore danno poco tempo alla miscela in camera di combustione di bruciare, per cui la scintilla deve essere intensa e tale da far partire una combustione corretta e rapida. I componenti della candela sono sempre gli stessi, ma ottimizzati nel corso degli anni.
È fondamentale che non ci sia nessuna perdita di carica elettrica tra l’elettrodo centrale e il motore, entrambi realizzati in materiale
metallico e, quindi, ottimi conduttori, per questo il rivestimento ceramico percorre quasi tutto il corpo della valvola. Per aumentare le proprietà isolanti la parte ceramica è realizzata con un andamento curvilineo, che costringe la scarica elettrica a compiere un tragitto più lungo e, quindi, meno probabile. La parte filettata, che nelle candele di uso kartistico ha un passo di 1,25 mm, assicura la candela al cilindro e permettere un contatto termico sufficiente a smaltire parte del calore generato dalla combustione. Infine, ci sono i due elettrodi, quello centrale ad altissimo potenziale, e quello centrale a potenziale nullo. è la differenza di potenziale (misura per indicare il valore di energia accumulata) a generare, grazie anche alla vicinanza dei due elettrodi, la scintilla.
La candela fa parte di un circuito elettrico che comprende accensione e bobina. La bassa tensione generata, e convertita in altissima tensione, arriva alla candela dove si scarica sotto forma di scintilla. Avere una corrente ad altissimo potenziale (circa 20.000 Volt) è necessario per superare la resistenza dielettrica che si incontra nel passaggio fra i due elettrodi e che è creata dalla miscela aria carburante, che si interpone e funziona come isolante.
Al raggiungimento di una determinata differenza di potenziale, l’isolante non riesce più a bloccare il passaggio di corrente e si crea una scarica di energia che genera la scintilla. Più la distanza tra gli elettrodi è elevata, più il salto è difficile. Se la distanza, però, è troppo bassa, la scintilla può scoccare prima che la carica dell’elettrodo positivo sia sufficiente. Si creerà allora una scintilla troppo debole e nel momento sbagliato, compromettendo la corretta combustione in camera di scoppio.
Il pistone deve generalmente trovarsi poco prima del punto morto superiore (PMS) nel momento in cui parte la scintilla. Questo “anticipo” fa sì che il pistone sia già in fase discendente (quindi appena dopo il PMS) quando l’effetto della scintilla avrà portato alla combustione gran parte della miscela in camera di combustione, determinando una spinta del pistone
verso il basso. Nei motori dei kart si può regolare questo momento agendo sullo statore dell’accensione. Lo sviluppo della combustione dipende dalla concentrazione delle molecole della miscela aria benzina, dalla turbolenza della stessa, dalla temperatura in camera di scoppio. La turbolenza, in particolare è un fondamentale: all’aumentare dei giri motore essa aumenta, mentre, nello stesso tempo, si riducono i tempi a disposizione per la combustione. In qualche modo, quindi, i due fenomeni si compensano.
Esistono curve dette a ombrello (per la forma), ricavate per via sperimentale, che determinano il valore di anticipo che garantisce la potenza massima per un dato numero di giri; se non si è ben preparati, è bene non intervenire su tale valore: si rischia di peggiorare le prestazioni e fare danni al motore (grippaggio per detonazione).